Coronavirus e cambiamento psicologico : nuove richieste di aiuto e prospettive di cura

Come siamo cambiati?

L’avvento del Covid19 e le regole di vita messe in atto per fronteggiare l’emergenza sanitaria hanno ovviamente avuto un forte impatto sulla nostra psiche. Nella fase di lockdown abbiamo dovuto rinunciare agli affetti, al contatto corporeo e alla vicinanza fisica, al lavoro, alla libertà, alla nostra presenza nei contesti di gruppo e sociali. Ci siamo dovuti fermare ad aspettare soli, chiusi nelle nostre case, in una dimensione nuova e mai vissuta prima, senza regole conosciute cui affidarsi. Bloccati in un luogo dove il tempo si è fermato, privati dei contesti di appartenenza, a contatto con vissuti di solitudine e  paura e incertezza rispetto al futuro a venire. Il mondo esterno era proibito e pericoloso, quello interno l’unico mondo abitabile e al quale poterci affidare, a volte un mondo già problematico, o collocato in un contesto famigliare difficile o inesistente.

Per molti però questo momento, se pur gravoso, non è stato soccombere alla privazione e alla sofferenza, ma anche un’occasione di riflessione e consapevolezza, di possibilità di un ritmo più lento, di ascolto interiore, di utilizzo e sviluppo di risorse, di idee nuove e sopite, di ribaltamento di prospettive e priorità.

E ora ci stiamo lentamente riaprendo al contesto esterno, con sentimenti contrastanti di desiderio e timore, vivendo un altro momento di perdita di equilibrio (quell’”equilibrio” necessario e precario che nel lockdown avevamo creato),per uscire in un mondo dove le mascherine indossate comunque ci ricordano che siamo in pericolo e dove la distanza fisica è ancora obbligata e il contatto non è possibile. Simili a sopravvisuti apocalittcici che si affacciano cambiati ad un mondo nuovo con esigenze e regole nuove.

Abbiamo attraversato questa esperienza senza precedenti e gli eventi storici significativi come questo, rappresentano punti di rottura che stravolgono i paradigmi mentali del passato e che necessitano di un cambiamento di mentalità e di consapevolezza, di presa di contatto e relazione con la nuova nuova mentalità, individuale e collettiva. Per questa ragione questo momento per uno psicologo diventa occasione e obbligo di attenzione sociale, di ascolto di nuove esigenze e di sfida terapeutica. La letteratura precedente non parla di Coronavirus e siamo chiamati a scrivere pagine nuove e a dare risposte nuove.

Quali sono i nuovi bisogni di cura e sostegno psicologico?

Questa è la domanda che noi professionisti del benessere psicologico ci poniamo mentre accompagniamo le persone nella ripresa delle loro vite.

Credo che mai come in questo momento occorra avvicinarsi al nuovo, avere il coraggio e la curiosità di scovarlo e poi conoscerlo, e questo vale sia come terapeuti che come pazienti. Ciò che era vecchio, abituale e scontato non lo è più, e molto è perduto, sopratutto in termini di appartenenza e relazione. Questo crea angosce e timori perchè mina il nostro senso di sicurezza, ma sarebbe fallimentare tornare al mondo seguendo vecchie regole apparentemente valide ed efficaci, perchè il vecchio mondo è cambiato e ci dobbiamo adattare a questo cambiamento per essere in sintonia con la realtà e presenti in maniera sana ed efficace.

Per questa ragione questi vissuti di incertezza e disorientamento che ci portiamo dentro nella ripresa delle nostre vite, non vanno negati o trascurati, nascosti e rinchiusi per vergogna o senso di fallimento o di inadeguatezza, ma vanno capiti e accolti e comunicati.

Comunicare ora,  in un contesto di “cura psicologica” , con un professionista,  diventa l’occasione di poter rivestire di senso le proprie paure, evitando blocchi, chiusure o senso di impotenza, per potersi percepire attivi e potenti fautori di un processo di cambiamento, che trasforma i timori per l’ignoto in atteggiamento di serena curiosità, fiducia e volontà di contatto.

Un ascolto interiore autentico, al quale il lockdown ci ha iniziato nel suo tempo fermo e nel suo spazio vuoto e isolato, dove l’eco dei nostri vissuti era fortissimo, è possibile, e può trasformarsi anche in capacità e sensibilità di ascolto del mondo attorno a noi, della natura, degli altri e in risposte di contatto efficaci. Uno stato di apertura e accoglienza, dopo tanta chiusura forzata,  per poter  appartenere ancora al mondo e in modo nuovo, e compiere i grandi gesti e le imprese di cui l’uomo è capace proprio quando si trova a vivere gli eventi peggiori.

 

Quali sono le prospettive di cura e benessere?

Fare delle proprie tragedie un’occasione di crescita, di rinascita e di impresa è possibile per chi agisce in connessione ed autentico ascolto del suo mondo interiore, in sintonia, in relazione, amorevolmente attento e  accogliente al mondo che lo circonda, che è fatto di altre persone, ma anche di natura. Proprio il blocco dell’uomo e del suo frenetico frastuono che il Coronavirus ha comportato, ha permesso alle persone di guardarsi dentro e di ascoltarsi meglio, di non poter evadere dai propri sentimenti, di conoscersi davvero rispetto ai propri timori e alla capacità di resistere. Esattamente come abbiamo dato ascolto alla nostra voce interiore a lungo sovrastata, in questo graduale ritorno alla vita possiamo impararare ad ascoltare la natura e gli altri, e questa diventa un’occasione di ordine e di nuove priorità, di benessere e realizzazione, perchè è nella appartenenza sana che l’uomo trova pace e senso alla propria vita.

Ed è con queste premesse che desidero accompagnare i miei pazienti all’ascolto delle loro paure, alla cura del dolore per le cose perse o interrotte, alla percezione dei nuovi bisogni, al compimento dei loro desideri e alla realizzazione delle loro nuove “imprese” di vita.

Correlazioni fra modalità relazionali nella vita adulta e stili di attaccamento infantile

Esiste un legame fra vita affettiva infantile e la scelta del partner nella vita adulta?

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Siete consapevoli del fatto che la scelta del partner e le nostre modalità relazionali siano correlate alle esperienze relazionali infantili?

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La vergogna

Cos’è la vergogna ?

La vergogna è una delle emozioni secondarie (quelle emozioni cioè che non compaiono fin dalla nascita); essendo un’emozione della “autoconsapevolezza”, si manifesta dopo i 18 mesi.

Potremmo definirla come il sentimento di sentirsi piccolo, nudo e indegno di fronte allo sguardo dell’altro. E nel momento in cui proviamo vergogna, ci troviamo nell’impossibilità di mantenere il contatto relazionale.

Tutte le situazioni che ci offrono intimità ci espongono al rischio della vergogna, che è più intensa quanta più importanza diamo alla persona che abbiamo di fronte. La vergogna comporta l’impulso a nascondersi, come reazione del sentirsi scoperti, trovati a fare qualcosa che non dovevamo fare; è sentire di non aver fatto ciò che ci si aspettava da noi, ed è quindi legata a sentimenti di debolezza, di imbarazzo, di rottura delle aspettative dell’altro.

Per cosa si prova vergogna?

Si prova vergogna per :

  • per qualcosa che si è fatto,
  • per un aspetto della propria personalità o persona (per i propri pensieri, emozioni, per il proprio corpo); è il tipo di vergogna più doloroso perchè riguarda l’essenza della persona, la sua identità,
  • per ciò che si possiede o non si possiede,
  • per essere stato smascherato,  visto, svelato, contro la propria volontà,
  • per qualcuno che conosciamo o per un parente vicino a noi,
  • e per la vergogna della propria vergogna e di quella altrui,

Come si manifesta la vergogna?

Quando si prova questa emozione, il pensiero è quello di sentirsi inferiori, profondamente giudicati e diversi da come si vorrebbe essere. Si distoglie lo sguardo dall’altro, si ripiega la postura, si volta il viso, si arrossisce, il nostro comportamento esprime la volontà di diventare invisibili. Si sente di di non essere riusciti a raggiungere determinati standard di prestazione, o anche norme e valori, ritenuti indispensabili per avere una buona considerazione di se stessi. A volte il problema della vergogna non è sbagliare, ma voler somigliare ad un modello sbagliato, che non ci rappresenta realmente, ma che vorremmo imitare.
Quindi, il disagio che ne consegue è molto intenso e crea anche un blocco nella comunicazione. La vergogna in sé non è un problema, ma lo diventa il ricorrere continuo di questa esperienza, la profondità del disagio dovuta alla scarsa autostima e l’innescarsi di una sorta di vergogna preventiva (so già che vivrò male una certa situazione). Un’ulteriore aggravante di questa spiacevole esperienza è la reazione delle persone attorno a noi, perchè la vergogna genera reazioni di imbarazzo e disagio anche a chi sta osservando, incrementando le sensazioni negative.

Qual è la funzione della vergogna?

La vergogna ha una funzione autodifensiva: quando ci si sente svalutati o umiliati da figure significative,  la tristezza di non essere accettati quali si è (con le proprie pulsioni, desideri, bisogni, sentimenti e comportamenti) e la paura di essere abbandonati nel rapporto a causa di chi si è, alimentano un abbassamento dell’autostima per aderire alla critica e/o umiliazione ricevuta. Il sé nega anche la rabbia provata (per la ferita dall’altro) allo scopo di mantenere una parvenza di relazione con la persona che ha umiliato (in quanto persona importante). Quando la rabbia è negata e retroflessa un aspetto importante del sé è perduto: il bisogno di essere presi sul serio, con rispetto, e di essere rilevante per l’altra persona e l’autostima è ridotta perché ambedue le funzioni ​​es ed io del sé sono perturbate.

Vergogna e pudore

La vergogna, infine, non va confusa con il pudore, che nasce dalla volontà di non volersi mostrare allo sguardo altrui e di difendere lo spazio personale, verso il quale non necessariamente si provano sentimenti di inadeguatezza. Chi ha pudore non sempre ha vergogna nel mostrarsi, ma semplicemente è una persona che non ama mostrarsi, esibirsi davanti ad altri.

L’Invidia

Cos’è l’invidia?

Innanzitutto l’invidia è un sentimento umano, presente già dall’infanzia, e nessuno di noi ne è privo. Ci sono casi in cui una piccola dose di invidia provata nei confronti di qualcuno può spronarci a migliorare o a prefiggerci un obiettivo, una sfida interiore, e quindi provare invidia può rimanere nei confini dell’accettabilità. Nei casi più gravi è però un sentimento che può pervadere la personalità fino a livelli patologici di pensiero, sentimento e azione.

L’invidia è quel sentimento che scaturisce quando ci si sente sminuiti o inferiori  nel confronto con qualcuno, fino al punto di non poter reggere il confronto e arrivare a svalutare l’altro per riconquistare la propria autostima. Tutto quello che l’altro è, rappresenta, possiede o riesce a fare, porta l’invidioso a sentire l’angoscia e il vuoto per le proprie mancanze, che spesso poi si trasforma in sentimenti di rabbia per la percezione erronea di una sorta di ingiustizia della vita, che può persino arrivare ad alimentare sentimenti di vendetta nei confronti della persona invidiata, che incarna la realizzazione dei nostri desideri irrealizzati.

In sostanza l’ansia avvertita nel confronto si trasforma in rabbia, in astio, in rancore o risentimento; talvolta culmina nell’odio e può generare comportamenti distruttivi, come svalutare nel pettegolezzo la persona agli occhi di molti, soprattutto delle persone più importanti, o addirittura  desiderare di distruggerne la  felicità o sperare che succeda. Così l’invidia diventa un’emozione che genera solo ‘dolore’ sia per chi la prova sia per coloro che la subiscono.

È opportuno ricordare che l’invidia non si esprime solo attraverso l’aggressività e la svalutazione degli altri, ma anche in maniera opposta, passivamente, attraverso l’autocommiserazione, il lamento e il vittimismo, come se le conquiste altrui fossero frutto della buona sorte e le nostre mancanze della sventura. Pertanto possiamo considerare l’invidia un atto di “deresponsabilizzazione”, che agendo in questo modo, privandoci cioè del contatto con i nostri limiti, non ci permette neppure la presa in carico della nostra responsabilità, delle nostre risorse, del nostro potere e delle nostre potenzialità.

Interessante la lettura relazionale  di questo sentimento nella psicoterapia della Gestalt che ne sottolinea la pericolosità dell’annientamento della crescita del Sè:

Per la Gestalt Therapy l’invidia è il blocco o, meglio, l’evitamento di un percorso di consapevolezza di sé e di incontro con l’altro. Invece di assumere i propri limiti, la persona li evita e si concentra sui dati visivi della felicità altrui. Come per tutte le patologie, l’invi­dia è una emozione disfunzionale perché sta ‘al posto di’ altre emozioni positive e di crescita. Dall’accetta­zione dei limiti scaturisce un senso di integrità prima e di pienezza poi: solo il dire a se stessi «Questi sono i miei limiti» fa scoprire potenzialità inesplorate. Evita­re di vedere i propri limiti e le proprie potenzialità ine­splorate provoca un senso di vuoto e di mancanza che l’invidioso cerca inutilmente di placare esasperando l’evidenza visiva nei confronti degli altri e invidiando. L’invidia diventa una patologia dell’incontro. Invece di sentire a livello emotivo e corporeo “la grazia e il mistero” (M. Buber) dell’incontro, ci si lega all’altro con un cordone di rabbia invidiosa.

La Noia

La noia può diventare un disturbo quando perde i connotati di uno stato transitorio caratterizzato dall’ assenza di emozioni Continua a leggere

L’innamoramento

Ciò che ci fa innamorare è il mistero dell’altro, la parte che l’altro, senza rendersene conto, tiene chiusa al mondo. L’innamoramento è pertanto possibile grazie a un intuito profondo: vediamo nell’altro ciò che ha nascosto, il suo mistero appunto. Continua a leggere

L’arte e la Psicoterapia

L’opera artistica, in qualunque sua forma, può rappresentare il bisogno della persona di esprimere ciò che ha dentro e non può dire (per non accettazione o per i limiti che la normale comunicazione trova rispetto all’universo che la nostra vita emozionale è). Continua a leggere

Innamorarsi di un “borderline”

Perché ci si sente tanto attratti da un borderline?

Perché la relazione con un borderline comincia in maniera intensa e travolgente, in quanto egli è in grado di portare rapidamente il rapporto a livelli di grande intimità e coinvolgimento emotivo e passionale, qualitativamente superiori a quelli sperimentati in altre relazioni. Continua a leggere